LA GRANDE GUERRA TRA LIBRI E FILM
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
L’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 ad opera dello studente serbo Gavrilo Princip, costato la vita all'arciduca ed erede al trono asburgico, Francesco Ferdinando e a sua moglie Sofia,
fu la miccia che fece esplodere la Prima Guerra Mondiale. L’Austria, dopo essersi assicurata l’appoggio dell’impero tedesco, il 28 luglio 1914, dichiarò guerra alla Serbia, scatenando l’inferno in Europa. La Francia, a sua volta, dichiarò guerra all'Austria e alla Germania, e fu presto appoggiata dalla Russia e dall'Inghilterra, in seguito all'occupazione tedesca del Belgio. L'Italia mantenne per circa un anno un atteggiamento di neutralità, schierandosi nell'aprile del 1915 al fianco delle forze dell'Intesa, in cambio del riconoscimento dei diritti su Trentino, Alto Adige, Trieste, Istria e Dalmazia. Il conflitto assunse carattere mondiale con l'entrata in guerra del Giappone e degli Usa, al fianco dell'Intesa. Nei primi anni la guerra vide in forte difficoltà le forze dell'Intesa, con i tedeschi che arrivarono alle porte di Parigi. Ma tra il 1917 e il 1918 gli inglesi, i francesi, gli italiani, gli statunitensi e i loro alleati sbaragliarono la resistenza di austriaci e tedeschi, costringendoli alla capitolazione. Nella Prima Guerra Mondiale persero la vita oltre 37 milioni di persone.
Nei telefilm e nei libri A volte non sono storie inventate ma vere
la storia di Vera brittain
"testament of youth" (testamento di gioventu')
pubblicato nel 1933 resta come memoria della grande guerra.
La giovane scrittrice Inglese racconta la sua dolorosa esperienza a contatto con la Grande Guerra e le battaglie che i sono susseguite negli anni sull'Altopiano di Asiago. La brillante studentessa di Oxford, ricorda nella sua opera due importanti lutti, il fidanzato Roland Leighton, caduto in Francia, e il fratello Edward, morto a Granezza, soldato inglese in servizio presso il quartier generale di Villa Godi Malinverni.
Anche lei schierata come infermiera volontaria, si è recata al fronte italiano solo nel 1922 per visitare la tomba del fratello Edward custodita nel cimitero inglese di Granezza.
La scrittrice visitò spesso il cimitero militare inglese situato a Louvencourt, in Francia, dove si trova la tomba del fidanzato Roland, ma non superò mai la morte del fratello Edward.
Quando morì a Wimbledon il 29 marzo 1970, la sua volontà fu che le sue ceneri fossero disperse sulla tomba del fratello Edward sull'Altopiano di Asiago, in Italia - "... per quasi 50 anni gran parte del mio cuore è rimasto in quel cimitero del paese italiano" disse.
Sua figlia ha onorato questa richiesta nel settembre del 1970.quando Vera si spense all'età di 76 anni.
Vera Mary Brittain (Newcastle-under-Lyme, 29 dicembre 1893 – Londra, 29 marzo 1970)
è stata una scrittrice, pacifista e giornalista britannica
Nata a Newcastle-under-Lyme, nella contea dello Staffordshire, Vera era la figlia di una benestante famiglia che possedeva delle industrie cartiere ad Hanley e aCheddleton. A 18 mesi la sua famiglia si trasferì a Macclesfield, nello Cheshire, e a 11 anni si trasferisce di nuovo, a Buxton, nello Derbyshire. All'età di tredici anni frequenta il collegio di S.Monica a Kingswood, nel Surrey. Successivamente studia letteratura al Somerville College di Oxford dove Vera conosce, grazie alle amicizie universitarie di suo fratello Edward, il grande amore della sua vita, Ronald Leighton. Dopo un anno, nell'estate del 1915, lascia gli studi per arruolarsi come infermiera nella V.A.D. (Voluntary Aid Detachment) durante la Prima guerra mondiale, guerra che coinvolse il fratello e il fidanzato, entrambi arruolatesi come volontari nell'esercito britannico: il primo si unì al Reggimento Sherwood Foresters, il secondo al Reggimento Worcestershire.
Durante la Grande Guerra, il suo fidanzato Roland, altri due intimi amici, Victor Richardson e Geoffrey Thurlow e suo fratello Edward, rimangono uccisi. Le loro lettere le daranno lo spunto per scrivere il libro Letters from a Lost Generation.
Tornata ad Oxford dopo la guerra, Vera troverà delle difficoltà di adattamento alla vita tra la generazione del dopoguerra. Fu in questo periodo che incontròWinifred Holtby, con la quale sviluppò una stretta amicizia. Il legame durò fino alla morte della Holtby, avvenuta nel 1935.
Nel 1925 sposa George Catlin Brittain, scienziato, politico e filosofo. Il loro figlio, John Brittain-Catlin, nato nel 1927, diventerà artista, pittore, uomo d'affari e sarà l'autore dell'autobiografia Family Quartet, pubblicata nel 1987. La loro figlia, Shirley Williams, nata nel 1930, divenne invece ministro.
libro in italia
il film trasmesso su sky cinema il 25 ottobre
Il fronte era insomma una vera e propria, spaventosa, bolgia, un inferno di morte e devastazione, nel quale i due opposti schieramenti si affrontavano senza riuscire a prevalere gli uni sugli altri.
Terrificanti erano i combattimenti corpo a corpo, all'arma bianca, alla baionetta e man mano che il conflitto procedeva, furono introdotti nuovi, orribili strumenti di morte, come i gas asfissianti, che bruciavano gli occhi, la gola ed i polmoni e che causavano la morte nel giro di poco tempo, al termine di una spaventosa agonia.
Autentiche condanne a morte, decretate da ufficiali senza scrupolo, erano le missioni volte al taglio dei reticolati e del filo spinato avversario, con le pinze, attraverso la terra di nessuno; si usciva dalle trincee con la consapevolezza di non tornare mai più e di essere massacrati, di lì a poco, dal fuoco delle mitragliatrici.
Se il problema principale era quello di sopravvivere a quel bagno di sangue, non meno gravi erano comunque le drammatiche condizioni di vita che la vita di trincea riservava.
Tormentati dal freddo e dalla fame, muniti spesso di equipaggiamento inadeguato, i soldati vivevano seppelliti da un mare di fango; sdraiarsi per riposare era praticamente impossibile ed alzarsi significava esporsi al fuoco degli inesorabili cecchini nemici, che sparavano senza alcuna pietà.
Le condizioni igieniche erano poi a dir poco precarie, con i topi e i pidocchi che divennero ben presto compagni inseparabili di quella sorta di talpe viventi.
Seppellire i morti era spesso impossibile ed i cadaveri in decomposizione avvelenavano l’aria, rendendola irrespirabile, aggiungendo sofferenza a sofferenza.
Pur di sfuggire a questo quadro apocalittico, si era pronti a tutto, anche all'autolesionismo, a mutilarsi o a ferirsi volontariamente; molti, ricevuta la cartolina, si davano alla fuga, altri,ottenuta una breve licenza, si volatilizzavano.
Tali episodi vennero duramente repressi dai comandi militari, con processi dinanzi ai tribunali militari; essi decretarono la condanna a morte di centinaia di giovani reclute.
Questa fu dunque la prima guerra mondiale:
una lotta mai vista prima, caratterizzata dall'impossibilità a prevalere, che condusse quasi all'annientamento reciproco e combattuta, in condizioni disumane, da ragazzi poco più che ventenni.
Bastarono poche settimane a togliere l’iniziale entusiasmo alle reclute, che a migliaia si erano arruolate volontarie per amor di patria e che ben presto ebbero a comprendere la cruda e dura realtà di un conflitto feroce, privo di un benché minimo rispetto per la vita umana.
Tanti morirono, sulla Marna, a Verdun, sulla Somme, nel Carso o sull’Isonzo; quei pochi fortunati che sopravvissero, non avrebbero mai potuto dimenticare e il ricordo di quella drammatica esperienza li avrebbe accompagnati per il resto della loro esistenza
Ricordiamo la seconda stagione di downton abbey.
Tutti i ragazzi di downton partirono per il fronte , anche matthew, thomas e william.
MOLTI SOLDATI NON TORNARONO A CASA, NON IDENTIFICATI, NESSUNA TOMBA SU CUI PIANGERE.
DECISERO DI REALIZZARE LA TOMBA DEL MILITE IGNOTO UNO PER OGNI STATO CHE ADERì .
La tomba del Milite Ignoto è una tomba che contiene i resti di un militare morto in guerra, il cui corpo non è stato identificato e che si pensa non potrà mai essere identificato. È una tomba simbolica che rappresenta tutti coloro che sono morti in un conflitto e che non sono mai stati identificati. La pratica di avere una tomba del milite ignoto si è diffusa soprattutto dopo la prima guerra mondiale, una guerra in cui il numero di corpi non identificati fu enorme.
Tombe di questo tipo sono in genere scenario di cerimonie ufficiali in cui, nell'anniversario della fine di una guerra, si commemorano tutti i morti di quella guerra.
Una delle più antiche tombe di milite ignoto si trova in Francia sotto l'Arco di Trionfo e fu
realizzata nel 1920 in
onore dei morti non identificati della prima guerra mondiale;
il milite ignoto britannico è sepolto nella navata centrale della celebre Abbazia di Westminster a Londra, mentre quello italiano, è all'Altare della patria, realizzato a Roma nel 1921.
in italia
Nel 1920 l'allora colonnello Giulio Douhet, sulla scorta di analoghe iniziative già attuate in Francia e in altri Paesi coinvolti nella Grande Guerra, propose per primo in Italia di onorare i caduti italiani le cui salme non furono identificate con la creazione di un monumento al milite ignoto a Roma.
Fu quindi deciso di creare la tomba del Milite Ignoto nel complesso monumentale del Vittoriano a Roma. Sotto la statua della dea Roma sarebbe stata tumulata la salma di un soldato italiano sconosciuto, selezionata tra quelle dei caduti della Prima guerra mondiale. La scelta fu affidata a Maria Bergamas, madre del volontario irredento Antonio Bergamas che aveva disertato dall'esercito austriaco per unirsi a quello italiano ed era caduto in combattimento senza che il suo corpo fosse mai ritrovato.
Il 26 ottobre 1921, nella basilica di Aquileia, Maria Bergamas scelse il corpo di un soldato tra undici altre salme di caduti non identificabili, raccolti in diverse aree del fronte. La donna fu condotta di fronte a undici feretri allineati e, dopo essere passata davanti ad alcuni di essi, non riuscì a proseguire nella ricognizione e gridando il nome del figlio si accasciò al suolo davanti a quello che divenne il feretro prescelto, che fu in seguito collocato sull'affusto di un cannone e, accompagnato da reduci decorati con la medaglia d'oro al valor militare e più volte feriti, fu deposto su un carro ferroviario appositamente disegnato.
Le altre dieci salme rimaste ad Aquileia furono tumulate nel cimitero di guerra che circonda il tempio romano, nella "Tomba dei dieci militi ignoti", realizzata dall'architetto Guido Cirilli.
Il viaggio si compì sulla linea Aquileia-Roma, passando per Udine, Treviso, Venezia, Padova, Rovigo, Ferrara, Bologna, Pistoia,Prato, Firenze, Arezzo, Chiusi, Orvieto
a velocità moderatissima in modo che presso ciascuna stazione la popolazione avesse modo di onorare il caduto simbolo. Furono molti gli Italiani che attesero, a volte anche per ore, il passaggio del convoglio al fine di poter rendere onore al caduto. Il treno infatti si fermò praticamente in tutte le stazioni. La cerimonia ebbe il suo epilogo nella capitale. Tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti, con il Re Vittorio Emanuele III d'Italia in testa, e le bandiere di tutti i reggimenti mossero incontro al Milite Ignoto, che da un gruppo di decorati di medaglia d'oro fu portato nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. La salma venne posta nel monumento il 4 novembre 1921; L'epigrafe riporta la scritta Ignoto militi e le date MCMXV (1915) e MCMXVIII (1918), gli anni di inizio e fine del conflitto. Nel corso degli anni trenta il feretro del Milite Ignoto venne traslato nella cripta interna del Vittoriano denominata sacello del Milite Ignoto dove tuttora si trova. Parti della cripta e del sepolcro sono realizzate con materiali lapidei provenienti dalle montagne teatro degli scontri della prima guerra mondiale (tra cui il Grappa e il Carso)
Nel 2011, dal 29 ottobre al 2 novembre, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia e del novantesimo anniversario della traslazione della salma da Aquileia a Roma, vi fu la rievocazione storica del viaggio in treno.
Fango e Gloria - La Grande Guerra
è un documentario italiano, andato in onda in prima serata su Rai 1 il 24 maggio 2015,
per commemorare i cento anni dell'entrata in guerra dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale il 24 maggio 1915.
l film è composto da video originali della Grande Guerra, per la prima volta dotati di colorazione, mentre l'altra parte è un film.
La fiction è incentrata sulla storia del Milite Ignoto Italiano, che nel film è identificato con Mario, un personaggio di fantasia, interpretato da Eugenio Franceschini.
trama
Mario, un italiano ventenne, dal 1914, dopo l'Attentato di Sarajevo, inizia a preoccuparsi con il suo migliore amico e la fidanzata al destino dell' Italia nel conflitto. Circa un anno dopo, il Re Vittorio Emanuele III, decide che l' Italia entrerà in guerra e mentre il padre e Mario passeggiano, il genitore legge il giornale e lo getta a terra indignato, perché c' era scritto che l'Impero austro-ungarico era rimasto deluso dall'Italia. Dal giornale cade la cartolina che il ragazzo non avrebbe mai voluto ricevere: il richiamo alle armi. Parte e combatte sul fronte italiano fino al 1918, quando durante una battaglia, ordina ai suoi uomini di uscire dalla trincea per avanzare e viene preso da un cecchino austriaco poco fuori dalla trincea. Rimane lì per un po' di tempo (qualche ora), fino a quando due soldati italiani, che cercavano di ristabilire con i fili, la linea telefonica, si accorgono che tra tutti quei morti ce n'è ancora uno che si muove: è Mario, ma muove solo le dita e per lui non c'è più niente da fare. Il soldato che va a vedere se è vivo gli ruba l'orologio, l' unico ricordo della fidanzata e l' unica possibilità di essere identificato, perché aveva perso la medaglietta identificativa. Verrà ritrovato qualche giorno dopo e messo con i corpi "non identificati".
Nel 1920 a Maria Bergamas è affidato l'incarico di scegliere fra undici salme di soldati italiani quella da tumulare nell'Altare della Patria a Roma come Milite Ignoto: la donna sceglie quella di Mario. Inizia così il suo ultimo lungo viaggio di tre giorni da Aquileia a Roma, dove la sua fidanzata Agnese e il suo migliore amico Emilio, sperando che dentro quella bara ci sia il loro Mario, gli danno un ultimo saluto.
I memoriali della prima guerra mondiale, siano essi grandi monumenti pubblici o privati, cimiteri di guerra, tombe dedicate al Milite ignoto, parchi o sale-museo, hanno tutti in comune la funzione di commemorare le vittime della Grande guerra. Commissionati da istituzioni locali o nazionali, finanziati dai governi o dalle donazioni di privati, e costruiti in gran parte tra gli anni venti e trenta (ne sorsero 176.000 nella sola Francia), l'interesse per costruire questi memoriali diminuì dopo la seconda guerra mondiale e non crebbe fino agli anni ottanta e novanta, segnando comunque, alle loro origini, un nuovo modo per la società di ricordare i caduti, incluse cerimonie di suffragio periodiche (ancora attuali) e pellegrinaggi (molto comuni nel periodo tra le due guerre).
I memoriali sono stati usati dai governi fascisti sorti nel periodo interbellico in Italia e Germania per scopi di propaganda, sfociati nella costruzione di numerosi monumenti per esaltare le vicende belliche e l'orgoglio nazionale; di contrasto, i fautori di una politica totalmente opposta hanno sfruttato i memoriali per ricordare alle folle i lutti della guerra. Infatti, a seconda delle caratteristiche del memoriale, a chi è dedicato o a chi ne ha voluto la costruzione, non sono mancate in alcuni casi polemiche tra partiti opposti, via via attenuatesi nel corso del XX secolo.
downton abbey stagione 5 episodio 8
I memoriali costruiti nelle città hanno assunto le forme più disparate: monumenti, sculture, giardini, cenotafi (nel Regno Unito e in Australia è molto copiato quello di Whitehall), obelischi (poco costosi e facilmente integrabili nel contesto urbano) e targhe affisse in luoghi pubblici, tutti accomunati dal semplice scopo di ricordare i caduti attraverso un'attenta simbologia.Uno dei temi più ricorrenti di questi memoriali è il soldato comune, da solo o in gruppo, spesso un fante, mentre, almeno per quanto riguarda l'Occidente, sono pochi i monumenti che raffigurano i comandanti.
Le varie nazioni hanno adottato stili e simboli diversi per i memoriali cittadini. In Francia sono stati privilegiati monumenti semplici, deliberatamente privi di insegne religiose o retoriche,[mentre negli USA e in Australia si sono preferite le strutture di grandi dimensioni, compresi in quest'ultimo paese i "viali d'onore", abbelliti con alberi e placche commemorative poste ai lati della strada.In Canada spesso i memoriali sono abbinati a materiali prelevati direttamente dal campo di battaglia, siano essi pezzi di chiese europee o semplice terreno.
Col tempo nel Regno Unito e in Italia i memoriali diventarono i soggetti per cartoline e modellini, venduti come souvenir.
la grande guerra e gli animali
Gli storici scrivono che 12 milioni furono gli equini utilizzati nella prima guerra mondiale. Pochissimi di questi tornarono a casa. A differenza dei cani, per loro era più facile morire. Sotto il fuoco nemico o divorati dalla fame dei propri compagni di strada.
E' quasi sempre disperata la morte di un cavallo e la prima guerra mondiale di morti fra cavalli, muli e asini (a cui vanno aggiunti cani, gatti, piccioni) ne ha contati milioni.
In prima fila nei combattimenti e nel trasporto di viveri e munizioni, impreparati e ignari di quel che attorno a loro stava accadendo, i cavalli affrontarono la brutalità e gli orrori del conflitto, condividendo traumi e sofferenze con gli uomini che se ne occupavano.
Esposto a condizioni estreme, un cavallo da guerra raramente sopravviveva più di dieci giorni. Ma la minaccia più grande veniva dagli uomini del loro stesso reparto che, spesso, a causa delle fame, erano costretti a ucciderli e mangiarli.
Al termine della guerra, l'esercito britannico che ne aveva portati un milione a combattere in Continente, ne possedeva ancora 750mila.
Di questi quasi 90mila finirono direttamente al macello: erano i meno giovani e i più provati. La loro carne servì a cibare la popolazione affamata e i prigionieri tedeschi.
Esposti al fuoco nemico delle mitragliatrici, alle insidie del filo spinato, ai gas tossici,sui campi di battaglia i cavalli rappresentarono un facile bersaglio. Ma anche dietro le prime linee, la loro vita era segnata da fatica, malnutrizione, pandemie e incuria”
Mezzo milione venne venduto agli agricoltori francesi e belgi. Tra i pochissimi tornati in Gran Bretagna, ci fu un gruppo miracolosamente sopravvissuto al conflitto. A loro toccò l'onore di trainare il carro con la salma del milite ignoto sino a Westminster.
Carcasse di cavalli abbandonati dall'esercito italiano clicca qui
nel film di Spielberg War Horse, del protagonista si conosce la storia.
Di tutti gli altri ci rimangono ricordi e
documenti
trama
A un'asta di paese, in un villaggio del Devon, Ted Narracott, un piccolo affittuario di una fattoria dove vive con la moglie Rose e il figlio Albert, acquista per trenta ghinee un cavallo baio, non ancora adulto e che è stato tolto alla madre. Viene rimproverato dalla consorte, che lo accusa di essersi fatto ingannare, ma non trova d'accordo il figlio, che ben presto instaura un rapporto di profondo affetto con l'animale, cui assegna il nome di Joey. Con lui cercherà eroicamente di dissodare un campo per pagare l'affitto che la famiglia deve a Lyons, il proprietario della fattoria. I suoi sforzi, ammirati da tutti i membri della comunità del villaggio, vengono però vanificati da una forte pioggia che distrugge il raccolto. Il padre di Albert, allora, come extrema ratio, decide di vendere Joey all'esercito inglese, impegnato a scendere in campo nella grande guerra. Albert corre a impedire la vendita, ma arriva troppo tardi e il capitano Nicholls, nuovo proprietario dell'animale, gli promette che avrà cura del cavallo e se possibile al termine della guerra glielo restituirà.
La scena si sposta allora sull'attraversamento inglese della Manica (la trama segue passo per passo la vicenda del cavallo, con i personaggi umani come contorno), e sulla morte di Nicholls in Francia in uno scontro con l'esercito tedesco.
Joey tuttavia sopravvive, venendo catturato assieme a Topthorn (il cavallo del maggiore Stewart) dai teutonici, tra i quali due ragazzi dell'esercito, Gunther e Michael, che cominciano ad affezionarvisi. La loro fuga assieme ai cavalli rubati è però fatale; scoperti, vengono fucilati per diserzione. I giovani erano stati trovati in un mulino situato in un possedimento terriero che apparteneva a un anziano signore francese che viveva da solo con l'orfana nipotina Emilie. È proprio lei a rinvenire gli animali. Da sempre desiderosa di imparare a cavalcare, si affeziona alle bestie chiamandole François e Claude. Il loro destino li conduce però nuovamente in mano tedesca dove un soldato pieno di umanità cerca in ogni modo di salvarli, feriti e senza presa sugli insensibili ufficiali, che considerano gli animali solo in funzione utilitaristica abbassandosi così al punto da essere più bestie dei cavalli, capaci invece di avere un rapporto pulito con chi sa apprezzarli. Joey riesce a sopravvivere, messo in fuga dal tedesco complice, mentre il suo quadrupede amico soccombe.
Joey non trova mai padroni casuali, né casualmente questi vengono in contatto con l'animale, perché sussiste un fil rouge, una invisibile comunione di sentimenti che permette loro di riconoscersi a vicenda.
Siamo ormai arrivati al 1918, alle fasi finali del conflitto, e qui ritroviamo Albert che, nel frattempo arruolatosi, è diventato un valoroso combattente. Dopo uno scontro coi tedeschi viene gravemente colpito agli occhi dal gas nemico. Ricoverato, viene a sapere di un cavallo che è miracolosamente riuscito a sopravvivere pur rimanendo impigliato fra i reticolati della terra di nessuno. Gli ufficiali, avendo notato che è ferito, stanno per abbattere il cavallo quando Albert, ancora bendato, capisce che il cavallo è Joey chiamandolo col richiamo d'un tempo. La commozione generale induce i medici a curarlo e al termine della guerra, quando viene ordinato di vendere al mercato i cavalli, i commilitoni fanno una colletta per aiutare Albert a ricomprarlo.
Quando il macellaio del paese supera l'offerta di Albert irrompe a sorpresa il nonno francese che aveva conosciuto Joey, che lo compra grazie all'inavvicinabile cifra di 100 sterline. Per lui, rimasto ormai solo (la nipote è morta), quell'animale è ormai l'unica cosa che gli ricordi l'adorata Emilie. Albert, pur dispiaciuto, è ormai pronto a separarsi dal cavallo quando questi, tirato avanti dal suo nuovo padrone, torna indietro per stare con Albert. Il francese, profondamente commosso, viene nel frattempo a conoscenza della storia che lega il giovane e l'animale, storia che trova conferma quando Albert riconosce la bandiera del reggimento del padre, bandiera che il nonno aveva rinvenuto addosso a Joey. Conscio del fatto che la sua Emilie voleva il bene di Joey (o François che sia), cede allora definitivamente il cavallo ad Albert che, abbracciato dai genitori al suo rientro nel Devon, restituisce al padre la bandiera (che questi aveva portato con sé nella seconda Guerra Boera, dopo la quale era stato insignito di importanti medaglie per il comportamento eroico tenuto alla battaglia del Transvaal), capendo finalmente perché questi non gli avesse mai parlato della guerra, di quelle inutili carneficine cui Joey, ora beato in mezzo ad un suggestivo tramonto, è e sempre sarà estraneo.
tratto dal libro
war horse
michael morpurgo
“War Horse è un romanzo senza tempo. Morpurgo scrive con sentimento ma senza sentimentalismi, osservando la guerra attraverso lo sguardo sincero di un cavallo coraggioso. La tragedia delle trincee è evocata con sapiente realismo. I temi eterni della brutalità della guerra, dell’amicizia e della lealtà sono esplorati attraverso la voce di un grande narratore.” — John Boyne, autore di Il bambino con il pigiama a righe
Durante la Prima guerra mondiale oltre un milione di cavalli inglesi partirono per il fronte. Poco più di sessantamila fecero ritorno in patria. Joey era uno di loro. Albert e Joey sono cresciuti insieme; poi la guerra li separa. Albert, ancora troppo giovane per fare il soldato, è cos tretto a lasciar partire il suo Joey, venduto alla cavalleria inglese. Giunto in Francia, Joey combatte al fianco degli inglesi, e poi, caduto nelle mani del nemico, si trova a servire i soldati tedeschi, sempre con grande coraggio e generosità. Ma la determinazione che nasce dall’amore non ha confini, e non appena Albert ha l’età per arruolarsi parte a sua volta per il fronte, deciso a ritrovare il suo amato cavallo e a riportarlo a casa.
Film sulla prima guerra mondiale
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